Ebbene sì…è davvero così! Ogni cantiere nasconde un’équipe di ricercatori del passato che ogni giorno si confrontano con un lavoro affascinante e coinvolgente: l’ARCHEOLOGO. Un mestiere incredibile nel quale si mescolano attività intellettuale (lo studio, l’analisi, la ricerca) e attività fisica (si scava, si spala, si suda, talvolta ci si fa pure male…) ad una terza attività: quella immaginativa! La scienza, la consapevolezza, la ratio si uniscono ad una forte capacità speculativa ed intuitiva…alla capacità di immaginare il passato, di ricostruirlo nella propria testa per poi veicolarlo agli altri!
E dicendo “veicolarlo” non intendo solo riferirmi ai classici ( e sacerrimi) bollettini, alle notizie scavi, agli atti di paludati e rigorosissimi convegni..no, non è più sufficiente! Viviamo nell’epoca della fast communication, siamo immersi nel digitale come pesci nel mare e abbiamo bisogno di sapere, abbiamo sete di conoscenza e di aggiornamenti.
Oggi gli archeologi non possono più permettersi di rinchiudersi nella loro antica ed inespugnabile torre d’avorio perché se la gente non capisce quel che fanno (e se soprattutto sono loro i primi a non divulgarlo o a farlo in codice), è chiaro che non sarà mai compreso! Se si continua a “dire e non dire” o a centellinare le informazioni con un linguaggio a metà tra il dotto e l’occulto, la gente comune, i “non addetti ai lavori” (che poi sono il nostro pubblico, e non solo, sono i finanziatori dei lavori), saranno sempre convinti che gli archeologi scavino per loro stessi, per arricchire il loro CV e il loro personale “palmarès” di pubblicazioni. E invece NO! Non è così! L’archeologia è una scienza meravigliosa che tira fuori da sotto terra le persone che in quella terra vissero centinaia se non millenni di anni or sono! L’archeologia dà voce anche agli ultimi coi suoi cocci comuni, coi resti anche di umili case e non solo di sontuosi palazzi, di povere tombe e non solo di raffinati mausolei! L’archeologia ci svela quel che si mangiava, come si viveva e come si moriva. E allora…apriamo i cancelli! Liberiamo la cultura e lasciamola fluire!
L’archeologia deve nutrirsi del suo pubblico, deve affascinarlo, deve coinvolgerlo…deve fargli capire che quei cancelli non stanno solo chiudendo un parcheggio o bloccando il traffico, ma sono lì come una sorta di “incubatrice” dalla quale nasceranno nuove conoscenze e soprattutto nuove emozioni! E comunichiamole queste emozioni! L’archeologo vive di queste: l’ansia di scoprire, poco a poco, come si svilupperà una certa situazione, l’ansia di capire, di leggere quegli strati ricostruendo una scena, un vissuto…l’emozione di trovare anche solo un orlo, un’attacco d’ansa…per non parlare di cose ben più grandi!
L’archeologo trova antiche storie ed è chiamato a tradurle nel presente..per TUTTI! L’archeologo deve saper essere un appassionato story teller di ciò che fa e di ciò che sente! Ma dato che non tutti gli archeologi vi sono portati per natura, per carattere o per inclinazione, allora perché non fare come in Francia dove sui cantieri ci sono “les archéologues chargés de la communication”? Si tratta di figure che se da un lato sanno perfettamente cosa sta succedendo in cantiere e capiscono le motivazioni di una precisa strategia piuttosto che di una certa metodologia, dall’altra si mettono al servizio del pubblico, dei curiosi, dei visitatori. E’ ovvio che chi scava non ha sempre né il tempo né la voglia né la pazienza di intrattenersi coi passanti…ma a questo servono le figure specificamente dedicate! E sempre questo genere di figure potrebbe dedicarsi all’aggiornamento di pagine social dedicate, piuttosto che a blog di cantiere..insomma, #liberiamolaCultura!
E chiudo con questa citazione: “Dis-moi, n’as-tu pas observé, en te promenant dans cette ville, que d’entre les édifices dont elle est peuplée, les uns sont muets, les autres parlent ; et d’autres enfin, qui sont les plus rares, chantent ? “. (Paul Valéry, Eupalinos ou l’architecte, 1924,)
Tradotto: una distesa di pietre e muri rasati non è dissimile da un qualsiasi cantiere edile maltenuto..quindi sta agli archeologi far parlare quelle pietre!!
Stella