Castello di Graines. La bambina, il cavaliere e la matita incantata

Caterina aveva otto anni. Abitava in un grazioso villaggio in alta Val d’Ayas, ai piedi di montagne mozzafiato, tra prati e boschi. Caterina amava molto andare a scuola e adorava disegnare. Ogni attimo di tempo libero prendeva un foglio, le sue matite e iniziava a volare con la fantasia. La nonna le raccontava spesso storie e leggende e lei si divertiva a fantasticare su quelle streghe, quei diavoli, i folletti, i principi, i draghi… non avrebbe mai smesso!

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Le piaceva immaginare come sarebbe stato vivere in un castello, indossando vestiti eleganti e sontuosi, innamorata di un principe bellissimo e coraggioso!

I suoi genitori, però, lavoravano duro; non era semplice mandare avanti la stalla, seguire il bestiame, i campi, la produzione di burro e formaggi… E lei, la maggiore di quattro figli, doveva saper fare un po’ di tutto, studiare e naturalmente badare ai tre fratellini. Che stanchezza! Ecco che il disegno, per il quale oltretutto era molto dotata, era la sua unica valvola di sfogo. Doveva solo stare attenta a non perdere la cognizione del tempo, altrimenti suo papà la richiamava all’ordine con modi, diciamo, bruschi…

Un pomeriggio, infatti, il papà le aveva detto di scendere in paese per alcune commissioni, tra cui andare dal calzolaio a far riparare le scarpe invernali.

Lei era andata ma… il calzolaio le aveva detto che ci sarebbe stata un’oretta da aspettare e così… beh… Caterina si era messa a girovagare nei dintorni, poi si era seduta su una panchina e aveva iniziato a passare il tempo nel modo a lei più congeniale: disegnando!

Una, due, tre ore erano passate e ormai era quasi buio! Solo in quel momento Caterina si rese conto del pazzesco ritardo che aveva accumulato! Si precipitò alla bottega del calzolaio, ma era già chiusa! Corse più veloce che poteva per tornare a casa e, quando aprì la porta, fu accolta dai suoi genitori preoccupati e arrabbiatissimi; con loro c’era anche il calzolaio che, non vedendola tornare, pensava fosse a casa.

“Ora basta, Caterina!!”, urlò il padre, “stai davvero esagerando! Ne ho abbastanza dei tuoi disegni e della tua perenne distrazione! Ma quando imparerai a stare coi piedi per terra?!” e, detto questo, le prese dallo zaino fogli e matite e glieli lanciò nella stufa; “e per un bel pezzo, stanne certa, di matite e roba simile non se ne parla!”, tuonò infine il papà.

Trascorsero alcuni giorni, ma Caterina, pur obbedendo in silenzio ai genitori, non era più la stessa; aveva perso il sorriso, non aveva più voglia né di parlare né di mangiare.

Una sera in cui era più triste del solito, andò a letto prestissimo e crollò sfinita in un sonno profondo.

“Ehi, ehi, Caterina! Caterina mi senti? Sono qui, in fondo al tuo letto!”.

La bambina aprì gli occhi e… ai suoi piedi era seduto un nano! Ma certo, era proprio un nano! Piccolino e cicciottello con una lunga barba bionda, due occhietti verdi vispi e furbi e ai piedi uno splendido paio di sabots d’oro!

”Sei triste, vero, Caterina? Eh, io lo so perché!”, disse il nano avvicinandosi; “guarda, so come aiutarti. Lascio sotto il tuo letto una sacca: domattina aprila e vedrai! Stai serena, piccola! E non smettere di credere ai tuoi sogni!”.

La mattina seguente, di buon’ora, Caterina si svegliò; si sentiva strana, quasi non riuscisse a svegliarsi del tutto… “Che strano sogno che ho fatto!”, pensò, “chissà se c’è davvero qualcosa sotto il letto!”.

Caterina si chinò e… un sacchetto di velluto verde giaceva in attesa che lei lo trovasse.

“Allora era vero! Cosa ci sarà qui dentro?”; la bimba aprì freneticamente il sacchetto e vi trovò … “Una matita!!”. Sì, dentro c’era una matita, una sola, più lunga e più spessa delle normali matite, tutta dorata. La mina era davvero spettacolare: aveva dentro tutti i colori dell’arcobaleno! “Wow! Che meraviglia! Voglio provarla subito!”.

Caterina prese allora un pezzo di carta e vi disegnò un gattino. Il gattino risultò di colore arancio, come se quella matita sapesse a quale colore lei stesse pensando…

Si voltò un attimo e “Miao miao…!!”, Caterina vide con grande stupore che il micio era vero! Era uscito dal foglio e aveva preso vita: “Oddio! Ma è una matita magica! Non ci posso credere!”.

Provò a disegnare un vaso di fiori e dopo alcuni istanti esattamente quel vaso coi colori cui lei pensava faceva bella mostra di sé sul davanzale della finestra.

Caterina era fuori di sé dalla felicità ma sapeva che doveva tenere tutto nascosto, altrimenti sarebbe stato un bel guaio!

Da quel giorno ogni momento di solitudine era buono per disegnare ciò che desiderava: cagnolini, farfalle, bambole, ma anche vestiti, scarpe, torte e biscotti!

Tutto però veniva accuratamente nascosto: guai se i suoi genitori l’avessero scoperta! E guai se la notizia si fosse diffusa…

Un giorno, però, mentre guardava le mucche al pascolo, venne allarmata dall’abbaiare del cane: un vitello era scivolato in un dirupo e si era ferito.

Caterina fu assalita dal panico: cosa poteva fare’ Lassù non c’era nessuno!

Decise di provare a disegnare una lunga corda annodata attorno al vitello e agganciata ad una carrucola. Funzionò! Il marchingegno si materializzò e il povero animale fu in salvo! Però aveva una zampa rotta… Solito sistema: disegnò il vitello con tutte e quattro le zampe sane: il risultato non tardò ad arrivare!

“Per fortuna non mi ha visto nessuno!”, sospirò la bambina, ma… qualcuno invece aveva assistito alla scena!

Sulla via di ritorno Caterina incontrò una vecchietta: era disperata!

“Oh povera me… povera me… sono disperata! Chi mai potrà aiutarmi? Oh che sciagura! Sono rovinata!”

Caterina si fermò e le chiese cosa fosse accaduto.

“Sono una sarta. Avevo ricevuto ordini importanti! Avevo finito ieri di confezionare abiti meravigliosi… E’ scoppiato un terribile incendio e ho perso tutto! Come faccio?! Sono rovinata!”.

Caterina ci pensò un po’ su e, buona com’era, offrì il suo aiuto alla nonnina. “Tu?! Aiutarmi? Ma sei solo una bambina… come puoi aiutarmi?”, disse la vecchietta.

“Non preoccuparti. Domattina verrò qui e tu mi accompagnerai a casa tua dove si trovava il tuo laboratorio”.

Il giorno dopo le due, come d’accordo, si incontrarono all’incrocio del vecchio noce e la vecchina accompagnò Caterina a casa sua. Cammina, cammina… non si arrivava mai!

“Ma, scusi signora, è ancora molto lontano?” chiese la bimba iniziando a preoccuparsi.

“No. No… forza! Sei giovane! Cosa dovrei dire io allora?!”.

Un’ultima ripida salita e giunsero su un altipiano arido e roccioso; tutt’intorno le rovine di quello che doveva essere stato un grande edificio… “E’ questa casa tua?” chiese dubbiosa Caterina; “sembrano rovine molto antiche e non vedo traccia di incendi recenti… dove siamo?!”.

La vecchietta, che le dava le spalle, improvvisamente aprì le braccia e si voltò: un violento turbine nero la avvolse, il suo viso si trasformò in una maschera diabolica con gli occhi rossi e la donna divenne altissima, circondata da nuvole nere e fiamme. Una risata raggelante riempì la vallata.

“Sciocca bambina! Sono la potente strega del lago di Villa! Per secoli ho dovuto nascondermi in fondo alle scure acque del lago, privata del mio castello! Ma ti ho vista! Ho visto il potere della tua matita magica! E ora quella matita sarà mia per sempre! E potrò riavere il mio castello e tornare a dominare incontrastata la valle! Come nei secoli passati prima che arrivasse quel dannato cavaliere che mi ha relegata nel lago!”.

Il lago di Villa (Comune di Challand-Saint-Victor))
Il lago di Villa (Comune di Challand-Saint-Victor))

In men che non si dica la strega fu addosso a Caterina e, immobilizzatala con un incantesimo, le rubò il sacchetto con la preziosa matita.

Caterina non poteva muoversi né urlare. La strega prese la matita e iniziò a disegnare il suo castello, solo che … non ne era capace! Proprio così, lei non aveva il dono di Caterina e i disegni non restavano sul foglio: dalla matita uscivano solo righe nere e brutte chiazze disordinate.

Il castello di Villa (comune di Challand-Saint-Victor)
Il castello di Villa (comune di Challand-Saint-Victor)

“Maledizione!”, urlò la vecchia furiosa, “Che magia è mai questa?! Ma non importa: ora tu disegnerai per me! Obbedisci! Altrimenti ti trasformo in una rana e ti caccio in fondo al lago!”.

Ma Caterina era molto intelligente e non priva di furbizia. Iniziò a disegnare ma chiese alla strega di non guardare, altrimenti la matita non avrebbe funzionato. E così, avendo ascoltato con attenzione la storia della strega, anziché disegnare il castello, iniziò a delineare sul foglio il profilo di un prode cavaliere.

Fu così che, non appena ebbe finito, in lontananza si udì un nitrito e all’orizzonte apparve lui, il prode cavaliere.

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“Maledetta ragazzina! Mi hai ingannata!” urlò la vecchia tentando di trasformarla in una rana. Ma i suoi gesti erano disordinati e frettolosi e così non fece altro che trasformare pietre e cespugli in rospi gracidanti.

Nel frattempo giunse il cavaliere che, rapidamente, mise davanti alla strega uno specchio: in questo modo lei stessa fu vittima della sua magia. Tornò ad essere rana e venne scagliata, stavolta per sempre, in un gorgo sul fondo del lago di Villa.

“Complimenti Caterina! Sei stata davvero coraggiosa!”, disse il cavaliere, “per ricompensarti vorrei aiutarti ad esaudire il tuo grande sogno. Non vorresti forse un castello tutto tuo? Un castello disegnato da te’”.

“Oh, certo! Sarebbe bellissimo, ma… dove? Io… come faccio?”, chiese ancora confusa la piccola.

“Non preoccuparti! Vieni, dai, salta sul mio destriero. Ti accompagnerò nel luogo migliore dove, vedrai, abita un amico che già conosci!”.

Stretta al cavaliere Caterina si godette quella fantastica cavalcata; le sembrava di volare sui prati, di accarezzare le chiome degli alberi, di riuscire ad afferrare il vento e toccare il sole.

Giunsero quindi su una collina, un’altura che dominava tutte le vie che, provenendo dai colli intorno, si congiungevano nel fondovalle non lontano dal villaggio di Brusson.

Scesa da cavallo la bimba si guardò attorno: che posto magnifico! Poi guardò nuovamente il cavaliere e si accorse di un particolare: “Ops, ma il tuo mantello è tagliato! E’ stata la strega?”.

“No, piccola”, sorrise il cavaliere, “è così da molti molti secoli; io stesso lo tagliai dividendolo a metà per aiutare un mendicante a riscaldarsi. Io mi chiamo Martino e ho attraversato più volte l’intera Europa per liberare le terre da demoni e streghe. Questo luogo è strategico, da qui si può controllare l’intera vallata: un castello serve proprio!”.

“Ehi voi due! Ci sono anch’io, eh?! Questa collina è casa mia!”; il nano! Ma certo! Era proprio il nano dagli zoccoli d’oro che aveva regalato la matita magica a Caterina!

“Le leggende narrano che qui sotto vi sia un immenso tesoro… in realtà è casa mia! E da qui, da un punto segreto che conosco solo io, si può accedere alle nostre straordinarie miniere d’oro!”, spiegò il nano. “Mi chiamo Greno! Piacere di rivedervi!”.

“Bene”, riprese il cavaliere Martino, “disegna ora il tuo castello, Caterina!”.

La bimba lasciò correre la sua fantasia e la matita fece il resto. Ecco che intorno a loro presero forma alte mura merlate, edifici, una cappella. Il punto più alto restò vuoto.

“Quassù, esattamente sopra l’ingresso della mia dimora sotterranea, devi piantare la tua matita”, disse Greno, “come fosse un albero!”.

Caterina lo fece, ma pareva non succedere nulla.

“Non avere fretta, piccola”, la rassicurò il cavaliere, “ora vai a casa. Questa notte resterò io qui a sorvegliare. Domattina avrai il tuo castello! Abbi fiducia!”.

Greno fece tre salti sbattendo gli zoccoli e, in un battibaleno, Caterina si ritrovò nel suo letto… ma com’era possibile?

“Sei ancora sveglia?”, chiese sua mamma aprendo la porta, “forza, dormi, che domattina dobbiamo partire presto per il mercato!”.

Sfinita da una giornata incredibile, Caterina sprofondò in un sonno pesantissimo, Quando si svegliò era ormai l’alba e sentiva i suoi genitori che trafficavano tra la cucina e la stalla.

Il castello di Graines (Foto: Enrico Romanzi)
Il castello di Graines (Foto: Enrico Romanzi)

“Caterina, ti abbiamo lasciato il latte sul tavolo! Sbrigati a far colazione!”, disse il padre. Caterina andò in cucina, si sedette e mentre sorseggiava il suo latte, il suo sguardo fu attratto da un libro che non aveva ancora visto. Parlava dei castelli della Valle d’Aosta. Lo sfogliò curiosa e, fatalmente, il libro si aprì sul “Castello di Graines”… era il suo! Come segnalibro, una luccicante matita dorata…

Stella

Un omaggio non solo all’affascinante castello di Graines ma all’intera Val d’Ayas in questo mio racconto.

La bimba si chiama Caterina in ricordo dell’impavida Caterina di Challant che qui si asserragliò in occasione della guerra contro il cugino Giacomo.

Il nano si chiama Greno, come appunto il villaggio di Graines. Un nano, leggendario custode e abitante delle miniere  d’oro di cui questa vallata è ricca.

San Martino, cavaliere, soldato dell’impero romano il cui Cammino, di valenza europea alla stregua della Via Francigena, attraversa la nostra regione e il cui culto è assai diffuso in Valle d’Aosta. Uno dei luoghi emblematici è appunto la cappella castrense di Graines (castrum Sancti Martini).

Ammantato di magia il non lontano castello di Villa, culla d’origine della famiglia Challant, le cui rovine dominano dall’alto lo splendido Lago di Villa, Riserva naturale protetta.

Buona lettura a tutti!

 

 

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