Oggi voglio accompagnarvi alla scoperta della chiesa parrocchiale di Courmayeur intitolata a San Pantaleone, edificio religioso dalla storia lunga (più di quanto si immagini) e complessa che, tra il 1997 ed il 1999, è stata oggetto di indagini archeologiche preliminari ad un’opera di consolidamento e restauro resa necessaria dal suo essere sorta sopra una paleofrana.
APPUNTI DI STORIA E DI SCAVO
Le prime attestazioni storiche risalgono al 1227 in occasione di una controversia tra la parrocchia ed il Capitolo della Cattedrale di Aosta; successivamente, nel 1302, viene annoverata nel Liber Redditum capituli Auguste. L’evoluzione architettonica di questo edificio può riassumersi in cinque grandi fasi cronologiche comprese tra l’età romanica (secoli XI-XII) ed il cantiere settecentesco che condusse alla sua consacrazione il 13 luglio 1742.
Gli scavi archeologici hanno evidenziato come, da un edifico stretto e allungato ascrivibile all’XI secolo, si sia passati ad un secondo ben più ampio, datato da analisi dendrocronologiche ai secoli XII-XIII, per giungere ad una terza chiesa di epoca gotica (secoli XIV-XV) per la quale furono costruite cinque cappelle funerarie addossate al muro perimetrale occidentale. In relazione a questa furono rinvenuti anche numerosi frammenti di intonaco dipinto tra cui lo stemma della nobile famiglia dei De Turre. Le maggiori trasformazioni del monumento, tuttavia, si attribuiscono alla sua fase barocca (secoli XVI-XVII), quando l’originaria abside semicircolare viene sostituita da una quadrangolare e un ampliamento di tutto l’impianto porta ad inglobarvi anche il campanile. Centinaia le sepolture pertinenti a questa fase, tutte distribuite in spazi appositi: le analisi hanno evidenziato molti individui sofferenti di patologie articolari dovute soprattutto a faticosi spostamenti su pendii con aggravio di carichi. In seguito, col XVIII secolo, la chiesa assume le dimensioni e l’aspetto attuale.
UN CAMPANILE IN ROSA
Il campanile, anch’esso oggetto di restauro nel 2007, si inserisce nella tipologia dei “clochers porches” (cioè campanili d’accesso) realizzati tra l’XI ed il XIII secolo; la cuspide, dalla forma particolare, richiama quella del campanile di Valgrisenche e ricorderebbe il soggiorno dei papi ad Avignone, collocandosi cronologicamente tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo. L’aspetto attuale restituito dal restauro si è basato su una preventiva e scrupolosa analisi delle murature che ha consentito di individuare proprio l’originaria presenza di intonaco su tutti e quattro i lati del manufatto ad eccezione della cuspide.
SAN PANTALEONE E SAN VALENTINO. LA SALUTE PRIMA DI TUTTO!
Il 27 luglio Courmayeur festeggia il suo patrono principale, San Pantaleone. Un patrono “estivo” cui, in seguito, si è affiancato un secondo patrono “invernale”: San Valentino.
Il culto di S. Pantaleone, attestato soprattutto nell’alta Valle, dovrebbe provenire dalla vicina Francia, in quanto si ricorda la presenza di una reliquia del santo a Lione. Pantaleone, originario di Nicomedia, dove nacque nel III secolo d.C., divenne uno stimato medico; a causa della sua fede cristiana fu condannato a morte e martirizzato. I suoi simboli, infatti, sono: la palma del martirio, i rotoli su cui studiava e l’astuccio dei medicinali. Un santo taumaturgo invocato contro le malattie e le pestilenze molto popolare non solo in Occidente, ma anche, se non di più, nell’Oriente cristiano.
È nel V secolo d.C. che compare nelle fonti storico-letterarie la figura di S. Valentino, il cui nome contiene chiaramente la radice del verbo latino valeo, ossia “stare bene, stare in buona salute” e che, perciò, ben si accompagna al medico S. Pantaleone. Cittadino e vescovo di Terni nel II secolo d.C., divenne famoso per la sua carità ed umiltà, ma anche per le sue facoltà guaritrici. La festa del santo si riallaccia ad antichi culti della fertilità che le genti italiche celebravano il 15 febbraio, legati alla purificazione dei campi e ai riti di fecondità. La Chiesa decise di cristianizzare queste pratiche anticipandole di un giorno e collegandole alla morte del martire ternano, cui si chiedeva la protezione delle unioni favorendo la nascita di figli. Curioso inoltre sottolineare come, proprio a partire dal 14 febbraio, il sole illumini il paese per un’ora in più passando alto sopra la vetta del Crammont. Questa piazza, cuore del paese, è un vero balcone affacciato sulle prime piste dello Chécrouit e su Dolonne, i cui prati un tempo erano intensamente coltivati a canapa, lino, orzo e segale; l’orizzonte risulta dominato e protetto dalla lontana sagoma scura della Madonna Regina della Pace che si erge sulla vetta del Mont Chétif.
Stella
Pessima la scelta di riportare l’intonaco sul campanile. Nessuno dei viventi abitanti di courmayeur ricorda l’intonaco se non tracce in angoli nascostii x occhi attenti. Non sempre restauro deve coincidere con ripristino “fedele” di una certa condizione. E tutto sommato per uno che ha vissuto come ospite turista da 59 anni courmayeur, la nuova piazza e la nuova chiesa hanno spazzato via il vissuto scritto dal tempo e dagli uomini.
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Buon pomeriggio Giorgio, innanzitutto la ringrazio per il suo commento che denota comunque un profondo attaccamento e affetto per Courmayeur. Capisco il suo sconcerto, oltretutto comune a molti, davanti a restauro della chiesa e, in modo particolare, del campanile. Io sono cresciuta a Courmayeur dove ho vissuto fino a 20 anni e,per me, i campanili erano tutti così: pietre a vista e, nota peculiare, un albero in cima! E’ evidente che la ratio dell’intervento di restauro a suo tempo non venne opportunamente spiegata né tantomeno condivisa con la popolazione…come ahimé troppo spesso accade!
Occorre tuttavia ricordare che la pietra a vista è un’invenzione moderna, nata dalla mancanza di manutenzione di quelle che erano le superfici intonacate, o al mssimo, a pietra rasa. L’idea della pietra a vista è assolutamente estranea ai costruttori medievali perché, a quel tempo, anti-economica: questo perché il giunto a vista indebolisce prima e, quindi, può creare fessurazioni che oltre a far passare aria, infragiliscono progressivamente la struttura.E’ vero che a noi piace di più la pietra a vista che ci sembra insita nell’identità architettonica e paesaggistica alpina ed è anche vero che la totalità degli abitanti e degli ospiti viventi, non possono avere memoria della chiesa medievale. Pur tuttavia non bisogna tutelare solo ciò che piace, bensì il dato storico oggettivo. Tutelare solo ciò che piace e come piace risulterebbe una scelta soggettiva e,perciò, sempre impugnabile. Auspico, infine, che venga presto avviato un intervento di manutenzione di questo restauro che da alcuni anni non versa in buone condizioni patendo parecchio gli effetti climatici. Nella speranza di averle risposto, le porgo i miei cordiali saluti ringraziandola nuovamente per aver dedicato la sua lettura al mio blog ma soprattutto per il suo affetto nei confronti del mio paese.
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